Notizie - 02 dicembre 2023

COP 28 - giorno 1: già una cosa buona fatta?

Scritto da Bertrand Piccard

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L'anno scorso, a Sharm-El Sheikh, la richiesta di compensazione era stata sbandierata dai Paesi del Sud globale come una precondizione per l'accettazione dell'agenda, ma per un anno c'è stato molto rumore per pochi risultati. Questa volta, il presidente della COP Al Jaber l'ha liquidata in un batter d'occhio. In mezzo ai punti procedurali di routine, nel torpore generale che aveva cullato anche me, non è emersa alcuna opposizione e il principio tanto atteso di questo fondo è stato accettato, con grande sorpresa di tutti. A meno che non sia stato grazie a una meticolosa diplomazia preventiva. Il pubblico, visibilmente stupito per la facilità con cui è stato approvato, si è alzato per offrire una standing ovation.

Guardiamo un po' più avanti.

Questa è stata la prima grande novità emersa dalla COP 28 di Dubai: la creazione di un "Fondo per le perdite e i danni" gestito dalla Banca Mondiale, che formalizza i contributi dei Paesi sviluppati al Sud globale per affrontare gli effetti del cambiamento climatico.

Spesso considerato secondario, o addirittura minore, questo Fondo è stato menzionato e discusso per molto tempo, ma nulla di concreto ha mai visto la luce nelle precedenti COP. La proposta di ospitare il Fondo da parte della Banca Mondiale ha suscitato un acceso dibattito, anche se la questione sembra essersi risolta affidando all'istituzione la gestione del Fondo per un periodo iniziale di 4 anni.

Entusiasmo generale quindi, sia qui a Dubai che nei media internazionali. È una buona notizia e un passo necessario per questi Paesi già duramente colpiti dalla crisi climatica, anche se vi hanno contribuito poco. Basta guardare le traiettorie demografiche per capire che ciò che si decide oggi in questi Paesi avrà un forte impatto sul mondo di domani. È quindi indispensabile coinvolgere il Sud globale nell'azione per il clima. E lo storico accordo di istituire questo Fondo in questo primo giorno della COP è un passo fondamentale in questa direzione.

Ma se è certamente una buona cosa quella che è stata fatta, è una buona cosa fatta bene?

Mentre parlavo con il mio team, uno dei miei colleghi ha commentato la notizia dicendo "è carino". Questo commento, che può sorprendere, è legato a due aspetti: in primo luogo, la somma promessa al momento - 460 milioni di dollari - non è che una goccia nell'oceano rispetto sia al fabbisogno (stimato in almeno 100 miliardi di dollari all'anno), sia ai 4.000 miliardi di dollari di ricavi netti guadagnati dalle compagnie petrolifere e del gas lo scorso anno. O rispetto ai 1.300 miliardi di dollari che ogni anno, secondo il FMI, vengono utilizzati per sovvenzionare i combustibili fossili in tutto il mondo.

Oltre alla questione del volume, c'è anche la questione della natura degli annunci promessi: questi fondi verrebbero erogati sotto forma di donazioni? Prestiti agevolati? Ci saranno finanziamenti aggiuntivi o riallocazioni? Qual è il calendario degli esborsi?

Se vogliamo passare dal simbolismo all'impatto, la chiave è che questi fondi inneschino una certa dinamica nella diffusione di soluzioni pulite e redditizie, a beneficio delle popolazioni vulnerabili. Non c'è motivo per cui l'accesso all'energia pulita per i piccoli agricoltori non debba tradursi anche in un miglioramento della produttività e, in ultima analisi, in un progresso socio-economico. Non c'è motivo per non garantire che l'attuazione dei fondi avvenga in modo trasparente.

Dobbiamo assolutamente collegare questi fondi "per le perdite e i danni" a un piano concreto per l'attuazione di soluzioni pulite, in particolare per le energie rinnovabili. Non farlo è come annunciare un fondo senza risorse reali: è carino, sì, ma non aiuterà la situazione di fronte alle crescenti sfide che questi Paesi devono affrontare.

Pubblicato da La Repubblica, La Tribune, EFFE Verde e Forum Nachhaltig Wirtschaften.

Scritto da Bertrand Piccard su 02 dicembre 2023

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